Dopo più di una settimana in ciabattine e costume, cominciamo a pensare di rimetterci in viaggio. Abbiamo ancora una decina di giorni a disposizione, entro cui dobbiamo raggiungere Mumbai per tornare in Italia. Sull’orario dei treni adocchiamo il Trivandrum Nizamuddin Rajdhani Express che ci porterebbe dritti a Madgaon, tappa intermedia nello stato di Goa, prima di tornare nel Maharashtra. Tutti contenti usciamo per andare in agenzia a fare il biglietto; fortuna che non dobbiamo arrivare fino al paese, pensiamo.
Il posto non è lontano e in un attimo siamo davanti a un corpulento indiano che deve essere il padrone, nonché unico impiegato. Sono al settimo cielo, finalmente possiamo fare un biglietto senza incorrere nella stressante prassi delle biglietterie delle stazioni indiane. Apro il mio orario dei treni e faccio vedere all’agente quello che ci interessa prendere. Con le sue mani grassocce afferra il libro, legge dove tenevo il dito, poi mi guarda scuotendo il capo.
«It’s impossible! The bridge is broken! 350 people are died! No train until Mangalore…» dice.
Sulle prime non capisco bene, almeno non comprendo la gravità della situazione. Tornare verso Mumbai ci sembrava una cosa facilissima; ferrovia a scartamento rapido lungo la costa che va su dritta fino al Rajastan, cosa c’è che non va? Purtroppo è crollato un ponte proprio nel punto centrale della tratta Thiruvananthapuram – Mangalore.
«By bus? It’s possible?» domando.
Ride. Poi dice che c’è solo un autobus che impiega diciotto ore a percorrere la distanza di poco superiore ai cinquecento chilometri. Chiedo allora se si può prendere un aereo, magari fino a Madgaon a questo punto. Il corpulento agente si mette subito al telefono verde che poggia sulla scrivania color marrone. Intorno ha qualche espositore con dei cataloghi, Maldive per lo più che sono di fronte alla costa del Kerala. Mi accorgo soltanto adesso che seduta in un angolo c’è una donna, la moglie probabilmente; è incinta. Le sorrido in segno di saluto, lei ricambia e abbassa la testa. Graziano mi si avvicina chiedendomi se ha capito bene, è ancora un po’ disorientato dalla pigrizia che si è impossessata di noi. Gli spiego del ponte, del tratto di ferrovia che non esiste più, dell’autobus e della possibilità di andare a Goa in aereo.
«Sentiamo quanto ci sparano, eh?» commenta mentre guarda l’agente ancora al telefono che aspetta.
«Altrimenti non so proprio come…forse in autobus…» non finisco la frase che il nostro omone inizia a parlare con qualcuno all’altro capo del filo.
Riaggancia il telefono e ci dice che ci sono dei posti sull’aereo di martedì; potrebbe andare bene e avremmo una settimana a disposizione per raggiungere Mumbai. Ci accordiamo per la prenotazione, anche il prezzo è buono. Rimaniamo d’accordo di tornare l’indomani con i soldi a prendere i biglietti, oggi è domenica e non può emetterne. Tutti contenti torniamo in albergo, ignari del casino in cui stavamo per cacciarci.
L’indomani mattina di buon ora torniamo in agenzia, e portiamo con noi la carta di credito elettronica che non abbiamo mai usato. Finora ce la siamo cavata con i travel cheques acquistati in Italia e, ogni volta che ne cambiavamo uno, avevamo montagne di banconote da sistemare fra mutande e calzini.
Oggi il corpulento agente è da solo, la moglie sarà rimasta a casa. Non appena entriamo si mette subito al telefono per prenotare i nostri biglietti. Ci dice il saldo e noi paghiamo; la transazione va a buon fine quindi, convinti di avere acquistato i biglietti e avere il posto sull’aereo che partiva l’indomani, torniamo in albergo e rimaniamo d’accordo con l’agente di passare poi a ritirarli.
Neanche a dirlo che adesso dobbiamo rinfilare tutti i vestiti sparsi ovunque nei nostri zaini, ma come al solito rimandiamo l’operazione alla mattina della partenza. Tra una birra e l’altra, facendo due chiacchiere con il padrone della guest house, passeggiando in riva al mare, giocando con dei bambini a chiapparello, ci accorgiamo che sono le sei passate. Corriamo verso l’agenzia che però ha già chiuso.
«Va be’! Domani mattina verremo qui subito, prenderemo i biglietti e andremo all’aeroporto. L’aereo parte alle 17:00, perciò abbiamo tempo.»
L’ultima mattina a Kovalam Beach si presenta nebbiosa; prepariamo gli zaini in fretta e furia e ci apprestiamo a consumare l’ultima colazione in riva al mare, a questo mare. Da stasera infatti saremo a Goa, mare anche lì e feste, spero. Abbiamo calcolato di esserci proprio con la luna piena per partecipare a uno dei tanti full moon party che si tengono nella zona.
In agenzia troviamo il proprietario e sua moglie seduta sempre nello stesso angolo. Notiamo subito che c’è qualcosa che non va, e ne abbiamo conferma quando chiediamo se per i biglietti è tutto a posto. L’omone ci spiega che ha potuto soltanto metterci in lista di attesa per giovedì prossimo. Ci viene un colpo! Graziano mi dice subito che non possiamo permetterci di stare altri due giorni nel Kerala, che sballerebbe la nostra tabella di marcia e metterebbe a rischio persino l’aereo per il ritorno in Italia. Non so che fare, mi viene in mente solo di andare in città e prendere l’autobus, farmi diciotto ore di viaggio fino a Mangalore e poi proseguire in treno fino a Madgaon. Non ci arrabbiamo nemmeno più di tanto con l’agente, pensiamo solo a come andare a Thiruvananthapuram il più velocemente possibile. Prendiamo un risciò al volo e ci dirigiamo verso il centro.
«Ma per la carta di credito? Ci sarà verso bloccare il pagamento?» mi chiede Graziano.
«Non lo so…chiamiamo la banca in Italia e chiediamoglielo, meglio essere sicuri.»
Al telefono ci dicono che ormai la transazione è fatta, la sola cosa possibile è ottenere un rimborso in contanti o assegno. Altro tuffo al cuore; ci guardiamo smarriti.
«L’autobus parte tra un’ora; dobbiamo tornare in agenzia, farci rendere i soldi, tornare in paese e partire! Non ce la faremo mai!» si dispera Graziano.
«Almeno proviamoci» aggiungo mentre fermo un risciò.
Partiamo di gran carriera, incitando il risciò man a fare presto e lui si scapicolla giù per le curve e i tornanti che portano alla spiaggia. In un attimo siamo di nuovo davanti all’agenzia. Entriamo e spieghiamo che devono rimborsarci dei soldi – che tra l’altro ci hanno preso con l’inganno dicendoci che avevamo il posto sull’aereo, non che eravamo in lista di attesa. Inizialmente non capisce, poi chiama qualcuno a cui spiega l’accaduto. Intanto l’orologio cammina…
«Make it quick, please! We have the bus now!»
Dopo questa mia sfuriata sembra aver capito; ci dice di andare all’altra agenzia perché non ha a disposizione il blocchetto degli assegni. Spiega al risciò man dove portarci e si parte. Il posto non è lontano e ci saremmo potuti sbrigare prima se, l’omone della nostra agenzia, avesse spiegato all’omino di questa agenzia cosa era successo e cosa doveva fare. Purtroppo non è così e allora mi tocca rispiegare tutto da capo ma in modo molto stringato. Poi aggiungo che per maggiori dettagli potrà chiamare il suo collega ma che, adesso, lui ci fa il rimborso altrimenti mi viene una crisi isterica, proprio qui, nella sua agenzia. Mi dice di sedermi e comincia a compilare un assegno di importo enorme; l’equivalente di cinquecentomila lire in rupie è una cifra esorbitante. Mi allunga l’assegno a cui, ovviamente, aveva sottratto una cifra per le spese. Mah…non ho voglia di discutere, prendo l’assegno della banca di Singapore e Shanghai e ce ne andiamo.
«Fly man, fly…» incita Graziano il nostro autista che tra l’altro non se lo fa dire due volte e in nemmeno dieci minuti siamo di nuovo davanti alla stazione degli autobus; abbiamo a disposizione ancora un quarto d’ora e ci tuffiamo in un negozietto di souvenir. Arraffiamo alcune cose, paghiamo e siccome non solleviamo questioni sul prezzo, avviando la contrattazione come d’abitudine, il negoziante ci regala anche una statuetta di Ganesh: per fare pari.
Continua la disavventura con 18 ore di autobus…
Fonte: https://www.nonchiamatemiturista.it/disavventure-dei-miei-viaggi
Author: Valentina
Sorry, no records were found. Please adjust your search criteria and try again.
Sorry, unable to load the Maps API.